15/01/08

 

Il corso di formazione a Guiua



Da ieri fino a tutta la prossima settimana sarò presso il centro di Promozione Umana di Guiúa, per un corso di formazione.


Innanzitutto di chi sono ospite.


Il Centro di Promozione Umana di Guiúa è una istituzione della Diocesi di Inhambane il cui fine è la formazione e la promozione integrale della persona umana. Il centro conserva con venerazione la memoria di 24 catechisti e famigliari, uccisi durante la guerra civile, il 22 febbraio 1992.
Esso fu inaugurato il 9 Gennaio del 1972 per realizzare la formazione delle famiglie dei catechisti e per la pastorale della diocesi.


Già dal nome si evince la chiara impronta alla promozione integrale della persona, che si richiama alla Enciclica Populorum Progressio di Paolo VI. Infatti oltre alla formazione pastorale la formazione professionale. Si organizzano corsi di taglio e cucito, primo soccorso nel centro di salute, cucina, agricoltura. Esiste anche un centro informatico. Tutto questo perché i catechisti e le famiglie formate qui non solo siano nuclei di evangelizzazione ma anche di promozione umana.
Il direttore è padre Diamantino Antunes, portoghese mentre il vice è un padre italiano, Gabriele Casadei.


Il corso che sto frequentando è chiamato di Inserzione Missionaria.
A prima vista pare che la mia presenza sia fuori luogo non avendo assolutamente compiti di pastorale né tantomeno di evangelizzazione. Tuttavia, esso è aperto anche ai laici che desiderano conoscere meglio la cultura locale in quanto le lezioni toccano temi legati alla cultura locale, alla storia e alle istituzioni del Mozambico e non solo di temi più propriamente ecclesiastici.


Il gruppo di questo corso, giunto alla IX edizione, è numeroso, variegato ed eterogeneo.
Sono di gran lunga in maggioranza i religiosi e le religiose, in totale 40 mentre i laici sono 11. Tuttavia anche all’interno dei religiosi vi sono differenze con ordini più contemplativi, come le suore Clarisse a suore che vestono l’abito come le suore della Sacra Famiglia.
Anche dal punto di vista delle provenienze l’America Latina è in testa con 17 partecipanti, seguita dall’Africa con 15, l’Europa terza con 13 e poi l’Asia con 3.
La carica dei brasiliani è davvero esplosiva e contribuisce a dare energia al grande gruppo.

Certo per me è una esperienza differente, ma interessante..

Dopo l’accoglienza di ieri e il primo intervento del vescovo di Inhambane Adriano Langa oggi l’intervento, tenuto da padre Lerma, ha fatto riflettere su quelle che sono le sfide che si pongono a chi si trova ad operare in una nuova cultura.
La parte che mi più ha fatto riflettere, e dal lavoro di gruppo ha colto molti altri partecipanti, sono i vari passi che dovrebbero essere fatti da chiunque si approccia ad un’altra cultura. Dapprima liberarsi dai preconcetti, dai complessi di superiorità, di inferiorità o di colpevolezza e rinunciare con forza all’etnocentrismo assoluto.

Molte sono state le discussioni che ho fatto in Africa in 3 anni..e nel ripensarle ho evidenziato come spesso nel parlare siano ben radicate..ho conosciuto gli amanti dell’Africa a tutti i costi , pronti a giustificare ed esaltare qualsiasi aspetto della cultura altra, salvo criticare o peggio disconoscere la propria..e l’opposto che si gloria di una superiorità intrinseca, innata..

Nessuna è perfetta e nessuna è superiore all’altra..la diversità culturale è una realtà con la quale ci si deve confrontare. Il consiglio del padre era quello di amare la cultura, sempre..e cercare di penetrare imparando la lingua locale,che è il modo di descrivere il mondo che risponde alle sfide di questo ambiente..a mutare i nostri gesti che possono essere non capiti o peggio offensivi..

Nel lavoro di gruppo ho avuto modo di sentire le difficoltà quotidiane incontrate dai religiosi e no.. ed essendo a contatto con realtà per la maggior parte rurali, lontane e deboli dal punto di vista educativo le sfide sono ancora maggiori..la suora che si confronta con la signora di casa che non ha mai visto un fornello..il padre che si confronta con i seminaristi che credono nelle “sirene” o confidano più nel curandeiro che nella fede di cui dovrebbero essere testimoni..
o chi, per aver dato una cura azzeccata viene definito curandeiro e ricompensato con un sacco di cipolle..

Questi problemi interessano non solo gli operatori di evangelizzazione ma anche chi opera nel mondo della cooperazione, in quando calarsi nella cultura locale è fondamentale per individuarne i bisogni, per implementare nel modo migliore le nostre azioni e per conseguire l’obiettivo principe, ovvero la sostenibilità del progetto.

Continuerò a farvi partecipi di questa opportunità per poter entrare anche voi un po’ di più in questo mondo.

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