28/01/11

 

Speciale accordo tra IPSIA-Vercelli e la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino

Il Master dei Talenti è un progetto che ha l’intento di creare percorsi di formazione di eccellenza riservati a giovani laureati di Piemonte e Valle d’Aosta, promuovendo un sistema di borse di perfezionamento che permettono di integrare il percorso di studi con esperienze altamente formative in moltissimi settori a livello europeo e internazionale.

Per queste ragioni IPSIA-Vercelli ha concluso un accordo che prevede all’interno del bando della Fondazione CRT due posti di tirocinio da svolgersi a Inhassoro, in Mozambico, all’interno del progetto della scuola tecnico-commerciale “Estrela do Mar”. Tale progetto prevede per l’anno scolastico 2010/2011 l’iscrizione di oltre 700 studenti, infatti nel 2009 si sono avviati due nuovi corsi: turistico - alberghiero e ragioneria. Per questa ragione IPSIA-Vercelli ha giocato la carta del master dei Talenti per introdurre nuovo personale qualificato oltre all’annuale servizio civile internazionale e ai preziosi collaboratori locali.


Il Master dei Talenti prevede due borse di studio di cui: un posto sarà rivolto ai laureati in Ingegneria, Economia e Commercio o Scienze Politiche, i quali dovranno lavorare all’interno della scuola, occupandosi della gestione dei suoi laboratori.

Il secondo posto, invece sarà destinato agli studenti della facoltà in Lingue e Letterature straniere dei corsi con orientamento turistico, Studi Internazionali e Sviluppo e Cooperazione, della facoltà di Scienze Politiche. I candidati saranno chiamati a lavorare per l’ideazione di percorsi turistici equo-solidali in Mozambico.

Dunque un’occasione unica ed entusiasmante per molti studenti che finiti gli studi vogliano misurarsi in un’esperienza di lavoro all’estero allettante per la propria formazione professionale, ma anche un’esperienza di vita che gli permetterà di venire a contatto con le particolari dinamiche, culture e caratteristiche di uno tra i paesi più poveri al mondo.

Infine questo accordo è anche un grandissimo risultato per la piccola IPSIA-Vercelli che vede l’instaurarsi di un importante rapporto di collaborazione con la fondazione CRT, sempre particolarmente attenta al mondo dei giovani ma anche a quello della cooperazione internazionale.

Il bando “Master dei Talenti 2011” sarà pubblicato il primo febbraio 2011 sul sito della fondazione CRT: http://www.fondazionecrt.it. Per maggiori informazioni scriverci al ipsiaonlus@gmail.com.


11/01/11

 

«si continua ad affrontare i problemi di oggi con le conoscenze di ieri»

Cari tutti,
vi segnagliamo questa interessante intervista a Sandro Calvani, direttore del centro Asean di eccellenza sugli Obiettivi di sviluppo del millennio presso l’Asian Institute of Technology di Bangkok, in Thailandia.
Si tratta di un bilancio generale sugli obiettivi (mancati) del millennio.


Buona Lettura lo Staff Ipsia

Il 2010 s'è lasciato alle spalle un pianeta ancora segnato da profonde diseguaglianze e lancinanti sofferenze. Nel mondo che si sta stropicciando gli occhi cercando di scrutare da vicino l'anno nuovo, oltre un miliardo di persone non ha accesso diretto all'acqua potabile, 925 milioni di persone non hanno cibo a sufficienza, 872 milioni non sanno nè leggere nè scrivere, 42 milioni convivono con il virus Hiv o sono ammalati di Aids spesso prive delle medicine necessarie a combattere questo flagello.

Sono passati oltre dieci anni da quel settembre in cui, con un consenso mai visto nella storia, l’Onu si schierò contro la povertà mondiale firmando la Dichiarazione del Millennio, un impegno sottoscritto dai paesi ricchi per realizzare interventi concreti di contrasto alla povertà in quelli in via di sviluppo. Un programma ambizioso da realizzare in 15 anni. Ne mancano un po' meno di 5 e c’è ancora tanto, forse troppo, da fare perché «si continua ad affrontare i problemi di oggi con le conoscenze di ieri».

A sostenerlo è Sandro Calvani, direttore del centro Asean di eccellenza sugli Obiettivi di sviluppo del millennio presso l’Asian Institute of Technology di Bangkok, in Thailandia. Nato a Genova nel ‘52, Calvani è un uomo delle istituzioni. Ha avuto diversi e importanti incarichi soprattutto in Paesi in via di sviluppo, dall’Organizzazione mondiale della Sanità in Africa, all’Unodc in Colombia (l'Unodc è l'agenzia delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine), per tornare in Italia nelle vesti di direttore dell’Unicri, Istituto delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia). Calvani, però, è soprattutto un cittadino del mondo, grazie all'esperienza di oltre trent’anni di impegno internazionale, che assieme alla passione per il viaggio, lo ha portato in ben 135 Nazioni.

Ci sono analisti che dicono che all'Onu la globalizzazione la vedete come problema sociale quando invece la matassa andrebbe sbrogliata prima dalla parte dell'economia e della politica. Lei da che parte sta?

«Sono vere ambedue le analisi. L’Onu ha dato priorità operativa allo sviluppo sociale; i cosiddetti Obiettivi di sviluppo del millennio (Odm) puntano sullo sviluppo delle persone come protagonisti della crescita dei loro paesi. Però è anche vero che il mondo non sta facendo le scelte economiche corrette e non ha trovato leader politici capaci di far succedere quello sviluppo che era stato promesso all’umanità intera. Si trovano somme inimmaginabili per salvare le banche in crisi, ma non per investire in sicurezza alimentare, salute, lavoro ed educazione. In alcuni paesi chiave per lo sviluppo e per i diritti, la politica invece che l’arte del possibile è di fatto il servizio di ciò che conviene ai prepotenti».

Nel 2000, 192 Paesi, con un consenso mai visto nella storia dell'Onu, si erano messi d'accordo di dire basta alla povertà. A cinque anni dal traguardo per gli Odm, però, si sente spesso parlare di promesse non mantenute e di poche tabelle di marcia rispettate. Cos'è che non ha funzionato?

«Sono state più le cose che hanno funzionato che quelle che hanno fatto fiasco. Ma gli errori sono stati così grossi che ora il raggiungimento degli obiettivi è a rischio. Prima di tutto non c’è stata una leadership ed una governance adatta all’ordine di grandezza della promessa fatta al mondo intero. Poi si continua ad affrontare i problemi di oggi con le conoscenze di ieri. Manca il senso dell’urgenza e l’ applicazione di regole per ridurre rischi ed errori. Tuttavia il fatto che in alcuni paesi ci sono alcuni Obiettivi già raggiunti con un anticipo di cinque anni dimostra che quanto pianificato e deciso non era una Mission Impossible. Le questioni che mettono in dubbio il raggiungimento degli Odm non sono la fattibilità ma piuttosto la volontà, le attitudini, gli strumenti. Siamo di fronte a una corsa ad alta velocità con traguardi raggiungibili. Una specie di Formula Uno della dignità umana. Se i motori si sono fusi e pochi vanno a trecento all’ora è solo perché abbiamo messo in pista le 500 invece delle Ferrari e nessuno ha badato a scegliere i piloti più capaci».

Visti con gli occhi degli italiani gli aiuti allo sviluppo hanno avuto sempre connotati solidaristici.
Lei a quali parole legherebbe il significato di tali progetti?

«Quasi mai gli aiuti allo sviluppo sono solo solidaristici. Sono sempre questioni di giustizia, di libertà e diritti fondamentali, di dignità della razza umana. In pratica ogni forma di restituzione verso i paesi poveri è una parola di saggezza applicata per permettere alla specie dell’ homo sapiens di poter evolversi il più presto possibile in una nuova specie di homo solicitus, cioè capace di prendersi cura dell’umanità intera e di tutto il Pianeta Terra. Diceva Darwin che non è mai la specie più forte o la più intelligente che sopravvive, ma quella che sa cambiare. Io dico che la vera “sapienza” del Sapiens è il “saper cambiare” dall’ingiustizia all’uguaglianza delle opportunità, dalla prepotenza al servizio, dallo sfruttamento delle risorse alla loro conservazione e protezione del diritto delle prossime generazioni».

Ma non è che l'Onu, o almeno alcuni dei suoi leader, sono più parte del problema che della soluzione?

«Quasi certamente l’Onu è parte del problema e lo sono certi suoi leader. Ma le Nazioni Unite sono anche un’amministrazione di un condominio mondiale dove gli inquilini, cioè le Nazioni, litigano su cose ovvie come l’acqua e l’energia, attribuendo poi la colpa all’amministratore, che tra l’altro non può nemmeno obbligarli a pagare le quote o a rispettare il regolamento condominiale che i paesi stessi hanno votato e firmato. Se l’Onu è un ingranaggio arrugginito della macchina della giustizia globale, certo non è né l’unico né quello che blocca tutto il motore. I Paesi ricchi hanno fatto sforzi limitati e quasi esclusivamente sul piano degli aiuti, peraltro scarsi, senza pensare invece agli ingranaggi bloccati come le aperture dei mercati, la cessazione dei sussidi agricoli, l’eliminazione della corruzione, il miglioramento delle leadership politiche, l’educazione alle responsabilità globali, la pianificazione delle migrazioni».

A cura di Alberto Chiara e di Giovanni Augello, Il redattore sociale
edere l'articolo originale clicca sul link:
FamigliaCristiana.it

07/01/11

 

dalla pittura all'impegno sociale



«Ho visto molte cose che mi hanno spinto ad introdurre nella mia vita l’attivismo politico. Ho visto i miei genitori costretti a lavorare senza cibo. Ho visto i miei zii venire puniti dalla polizia coloniale. Ho visto i miei cugini venire picchiati. Tutto ciò mi ha preparato alla vita politica. Le preoccupazioni e le paure di allora le sento ancora oggi».

Non sono le parole di un deputato o di un leader politico, ma quelle di Malangatana Ngwenya Valente (1936), pittore-simbolo del Mozambico, che ha lasciato il suo paese i
l 5 gennaio 2011. La cui vicenda personale si intreccia in modo simbiotico con quella del suo Paese natale e la sua arte è una forte testimonianza della sete di giustizia sociale, politica ed economica del Mozambico.

Malanatana è stato uno degli artisti africani più conosciuti e stimati a
livello internazionale. Le sue opere, intense a livello cromatico e nell'espressività dei contenuti, hanno fatto il giro del mondo, grazie a prestigiose mostre organizzate da musei e gallerie portoghesi, svizzere, statunitensi, cilene e indiane.Malangatana è stato definito il “Picasso africano”, sia per lo stile, sia soprattutto per il coinvolgimento sociale e le denuncie contro le ingiustizie espresse attrav
erso la sua arte. Questo approccio rende la sua pittura uno strumento che si oppone alla guerra e a tutte le forme di tirannia. Non a caso, si è ispirato al piglio creativo di Picasso, la cui massima espressione di impegno civile è Guernica, divenuto l’emblema della condanna del totalitarismo e della guerra. Sullo stesso piano si pongono molti quadri di Malangatana, soprattutto quelli realizzati tra gli anni Cinquanta e Novanta del XX secolo. Un periodo della storia mozambicana tormentato prima dal colonialismo portoghese, po
i dalla terribile guerra civile che ha sconvolto il Paese per quasi due decenni.

Le tele di Malangatana, intrise di oli dai colori intensi, hanno seguito le fasi conflittuali e di pace del Mozambico: il rosso ha dominato i suoi quadri sino al 1994 (anno in cui si sono svolte le prime elezioni multipartitiche), per poi lasciare sempre più spazio alle tonalità tenui e b
lu, che segnano la ritrovata pacificazione interna. Mostri grandi divorano mostri piccoli è un’opera che racconta i drammi dell’epoca coloniale. La guerra civile − che ha visto scontrarsi le due opposte fazioni del Fronte di Liberazione del Mozambico (Frelimo) e della Resistenza Nazionale del Mozambico (Renamo) − è ben immortalata nel quadro Dove stanno i miei padri, i miei fratelli e tutti gli altri.
La sua è un’arte coraggiosa, perché ha denunciato soprusi e, al contempo, è un’arte di riscatto sociale, perché gli ha permesso di realizzare un
sogno nato agli inizi del secolo scorso.

Sicuramente il Mozambico ha perso in questi giorni un'importantissimo esponente della lotta per l'indipendenza, contro ogni forma di guerra e contro la povertà, ma non potrà mai perdere l'eredità della sua arte che fungerà da monito e da stimolo per le generazioni future.



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