07/01/11

 

dalla pittura all'impegno sociale



«Ho visto molte cose che mi hanno spinto ad introdurre nella mia vita l’attivismo politico. Ho visto i miei genitori costretti a lavorare senza cibo. Ho visto i miei zii venire puniti dalla polizia coloniale. Ho visto i miei cugini venire picchiati. Tutto ciò mi ha preparato alla vita politica. Le preoccupazioni e le paure di allora le sento ancora oggi».

Non sono le parole di un deputato o di un leader politico, ma quelle di Malangatana Ngwenya Valente (1936), pittore-simbolo del Mozambico, che ha lasciato il suo paese i
l 5 gennaio 2011. La cui vicenda personale si intreccia in modo simbiotico con quella del suo Paese natale e la sua arte è una forte testimonianza della sete di giustizia sociale, politica ed economica del Mozambico.

Malanatana è stato uno degli artisti africani più conosciuti e stimati a
livello internazionale. Le sue opere, intense a livello cromatico e nell'espressività dei contenuti, hanno fatto il giro del mondo, grazie a prestigiose mostre organizzate da musei e gallerie portoghesi, svizzere, statunitensi, cilene e indiane.Malangatana è stato definito il “Picasso africano”, sia per lo stile, sia soprattutto per il coinvolgimento sociale e le denuncie contro le ingiustizie espresse attrav
erso la sua arte. Questo approccio rende la sua pittura uno strumento che si oppone alla guerra e a tutte le forme di tirannia. Non a caso, si è ispirato al piglio creativo di Picasso, la cui massima espressione di impegno civile è Guernica, divenuto l’emblema della condanna del totalitarismo e della guerra. Sullo stesso piano si pongono molti quadri di Malangatana, soprattutto quelli realizzati tra gli anni Cinquanta e Novanta del XX secolo. Un periodo della storia mozambicana tormentato prima dal colonialismo portoghese, po
i dalla terribile guerra civile che ha sconvolto il Paese per quasi due decenni.

Le tele di Malangatana, intrise di oli dai colori intensi, hanno seguito le fasi conflittuali e di pace del Mozambico: il rosso ha dominato i suoi quadri sino al 1994 (anno in cui si sono svolte le prime elezioni multipartitiche), per poi lasciare sempre più spazio alle tonalità tenui e b
lu, che segnano la ritrovata pacificazione interna. Mostri grandi divorano mostri piccoli è un’opera che racconta i drammi dell’epoca coloniale. La guerra civile − che ha visto scontrarsi le due opposte fazioni del Fronte di Liberazione del Mozambico (Frelimo) e della Resistenza Nazionale del Mozambico (Renamo) − è ben immortalata nel quadro Dove stanno i miei padri, i miei fratelli e tutti gli altri.
La sua è un’arte coraggiosa, perché ha denunciato soprusi e, al contempo, è un’arte di riscatto sociale, perché gli ha permesso di realizzare un
sogno nato agli inizi del secolo scorso.

Sicuramente il Mozambico ha perso in questi giorni un'importantissimo esponente della lotta per l'indipendenza, contro ogni forma di guerra e contro la povertà, ma non potrà mai perdere l'eredità della sua arte che fungerà da monito e da stimolo per le generazioni future.



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