12/04/11

 

Chiesa, Casa di Dio

È la commozione di un calore di cuori altissima, di una fede che lascia scivolare le lacrime di gioia e la voce canta forte per entusiasmare gli animi.
La gente riempie la chiesa, il cortile e tutto intorno, seduta sui nuovi e comodi banchi, per terra e sui muretti, tutti in un attento ascolto per la consacrazione della nuova chiesa di Sant'Eusebio di Inhassoro, in Mozambico, dove con dedizione ormai da dieci anni la Missione di Don Pio Bono, Caterina Fassio e Elena Bovolenta, opera per lo sviluppo materiale e spirituale di questa piccola comunità.

Ed è così che il giorno 7 aprile 2011, si realizza il sogno della comunità di fedeli di Inhassoro, il sogno della Missione e di chi in Italia, in particolare a Vercelli e a Cigliano, ha creduto in loro e li ha sempre sostenuti; perché è in occasioni come queste che gli uomini sembrano davvero essere degli strumenti nelle mani di Dio.

L'olio unge l'altare e l'incenso sale verso il Cristo, che sembra voler scendere in mezzo alla gente del dipinto centrale che rappresenta minuziosamente il villaggio e la gente di Inhassoro, sembra che nel momento della consacrazione si concentrino tutti i sudori e le fatiche con i quali in questi anni si è lavorato per costruire la casa di Dio.

Ed è proprio “Casa di Dio” l'espressione che il Vescovo di Vercelli, don Enrico Masseroni, attribuisce alla chiesa: la casa di una grande famiglia e la porta verso il cielo. La chiesa per la comunità deve essere il simbolo che ricorda che prima di ogni cosa, Dio è in mezzo alla vita delle persone. La chiesa appartiene ad ogni cristiano che ha il compito di prendersene cura, come se fosse il suo spirito.

Improvvisamente, per i pochi occidentali presenti alla funzione appare evidente come il significato di chiesa a volte nelle nostre comunità si sia perduto, perché i nostri cuori si sono appesantiti nell'osservare gli sfarzi e le luci, dimenticando di guardare verso e il centro e verso l'alto. Ci stiamo dimenticando che la chiesa non appartiene ai preti e alle parrocchie, ma a noi tutti, al popolo di Dio.
Ed è così che la tensione e il groviglio di pensieri si scioglie appena il coro intona il canto del Padre Nostro, che in Xitzua, la lingua locale sembra proprio voler dire “Papà” … Dada, Dada …
Il sentimento di far parte del popolo di Dio supera tutte le diversità, le differenze culturali, linguistiche e del colore della pelle, avvicinando nella comunione le culture, i paesi e gli uomini.
Infine la celebrazione si conclude con un inno all'Africa, terra benedetta da Dio, terra di colori, di allegria e di contraddizioni, dove nonostante tutto la semplicità della sua gente, la sua “naturale povertà” e la sua costante felicità possono insegnarci tantissimo sulla bellezza della vita.

In questa giornata di sole, dopo una pioggia torrenziale, che qui è una benedizione tanto attesa, la comunità ammira, quasi incredula la nuova cattedrale e tutto il resto è festa, canti e danze a non finire, sorrisi e strette di mano, saluti e suono di campane.

Commenti:
cara arianna ho capito che sei tu che scrivi perchè ho letto sul corriere eusebiano lo stesso articolo,toccante e profondo.Leggendolo sembra di vedere e assistere alla celebrazione e condividere la gioia della festa,nel rcordo di come erano vive e cinvolgenti le messe alle quali ho partecipato ad Inhassoro.
Simpatico anche il racconto della giovane signora,dei suoi pomodori,ma soprattutto del suo desiderio di comunicare con te.
ciao apresto.mamma
PS: perchè non ti firmi? O forse da qualche parte c'è scitto che sei tu e io sono la solita imbranata?
 
Ciau Ari!!!anche secondo me dovreste firmarvi!!!così personalizzate il blog, facendoci sapere quali sono i pezzi di ciascuna!!!e noi vi conosciamo meglio!!!
Ci sono problemi a postare foto?Se sì, spero si risolvano presto, sarebbe bello vedere qualche immagine!!!

1 forte abraço, meninas!!!
 
Cari tutti, finora il blog l'ho sempre scritto io, Arianna Bobba, per le foto si c'e' qualche problema di connessione
 
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